Storia dell’acquedotto nogarese

acquedotto

L’acquedotto fu costruito a partire dal 1972. Inizialmente era previsto solo a servizio delle zone agricole per la specifica competenza dell’Ente che finanziò i lavori, il FEAOG (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia). Nel 1974 l’allora sindaco Luciano Galli aderì alla proposta di estensione della rete alle residenze civili dell’intero territorio comunale. Lo stesso fecero i sindaci dei Comuni limitrofi.

Si tenga conto che a quei tempi il problema dell’acqua potabile non si poneva, non si pagava alcuna tassa sul prelievo e scarico dell’acqua, ogni famiglia aveva il suo pozzo (come la maggior parte delle famiglie ancora oggi), la sensibilità sui temi ambientali era prossima allo zero, la popolazione era largamente contraria anche perché l’acqua, una volta attivato l’acquedotto, si sarebbe pagata (e oggi si paga senza acquedotto, perché c’è il depuratore e anche dove non c’è si paga il prelievo forfettariamente).

L’appalto per estendere la rete agli usi civili venne affidato direttamente alla ditta che l’aveva realizzata per gli usi agricoli. Il costo decuplicò, il FEAOG finanziò la nuova opera in parte irrisoria, la Regione Veneto ci mise un po’ di soldi ma promise alla ditta costruttrice che il resto sarebbe stato puntualmente pagato con soldi del governo.

Cominciano i problemi

Il primo nodo fu proprio l’estensione dell’appalto alla stessa ditta che aveva costruito la prima parte dell’acquedotto: era una ditta legata al Presidente del Consorzio Alto Tartaro, Tomelleri, fratello di quel Tomelleri allora presidente della Regione Veneto che prometteva tutto a tutti e poi qualcuno avrebbe pagato. La ditta fallì per mancati pagamenti degli stati d’avanzamento dell’opera, altre subentrarono a costi inferiori e fallirono una dopo l’altra, ogni ditta costruì la sua parte con materiali diversi. La prima parte fu in Eternit, la seconda in PVC, la terza in acciaio.

Ovviamente la procedura “famigliare” dell’appalto finì in tribunale, sia civile, sia penale. L’opera venne conclusa nel 1980, anno in cui si comunicò ai cittadini che potevano pagare la somma di 100.000 lire per l’allacciamento alla propria abitazione e che tale somma sarebbe stata immutata indipendentemente dal tempo che sarebbe trascorso per l’effettivo allacciamento. Sindaco allora era Luciano Mirandola.

Poi venne la giunta di Germano Sardini che si disinteressò totalmente del problema, tranne metterlo in funzione nel 1982 per verificarne la tenuta. Scoppiò in più parti e non se ne parlò più per un bel po’. Nel 1984 il sindaco è Paolo Andreoli, la questione giudiziaria è ancora in alto mare, gli esponenti del PCI di Nogara denunciano il rischio che l’impianto venga sequestrato dalla magistratura e invitano i cittadini a richiedere, se lo vogliono, la restituzione delle 100.000 lire che avevano pagato in poche centinaia.

Il sindaco Andreoli comincia a chiedere conto alla Prefettura di Verona di fare chiarezza sulla qualità dell’impianto costruito, in particolare sulla possibile pericolosità di quella parte di acquedotto in Eternit (circa 13 Km su un totale di circa 40). Stesso quesito viene posto all’ULSS di Legnago. Nessuna risposta per circa 5 anni pur se sollecitata più volte, alla fine (siamo negli anni ’89/’90) l’ULSS dichiara che non c’è pericolo purché i tubi non siano rotti o sfilacciati. Come si fa a saperlo? Nel frattempo Telecom, Enel, per l’ammodernamento o l’estensione delle loro reti e lo stesso Comune per la costruzione di nuove fognature, scavano accanto all’acquedotto e non è escluso che in più punti sia stato danneggiato e non riparato dagli interventi per questi lavori.

Si pensi poi alla posa del metanodotto (1986/87) che per ragioni di economia costruttiva (è meglio che le reti insistano in un unico corridoio per ridurre i costi di riparazione delle strade e per individuare più rapidamente l’ubicazione e i guasti di tutte le reti sotto strada) avviene accanto alla linea dell’acquedotto che chissà quante botte di martello pneumatico si è preso.

Le richieste delle Regioni

Nel 1991 la Regione Veneto chiede ai Comuni che hanno l’acquedotto sotto terra di farsi carico dei mutui necessari per finire di pagare l’opera che, a 20 anni di distanza ha visto fallire tre ditte, due processi finiti nel nulla dopo una decina di anni, e debiti consistenti (si parlava di oltre un miliardo di lire proprio nel 1991). Nogara, Gazzo Veronese e Villimpenta (Regione Lombardia) non accettano di accollarsi i mutui per l’ovvia diffidenza verso promesse avanzate da soggetti dimostratisi poco credibili, pasticcioni e probabilmente tangentari (Regione e Consorzio Alto Tartaro). Non solo, ma ai Comuni che si fossero sobbarcati i debiti del Consorzio Alto Tartaro sarebbe stato impossibile accedere a nuovi mutui per altre opere pubbliche importanti per parecchi a venire.

I Comuni democristiani aderiscono per ordine del loro partito, l’acquedotto va in funzione e qualche anno dopo viene bloccato per mesi a causa della presenza eccessiva di atrazina nell’acqua a Sorgà, Erbé e Trevenzuolo. Questo episodio scoraggia Nogara e gli altri due Comuni (Gazzo Veronese e Villimpenta) dall’intraprendere nuove iniziative per metterlo in funzione. Ma la questione dell’acqua potabile diventa sempre più pressante, perché si fa strada la convinzione che è preferibile controllare poche fonti di approvvigionamento dell’acqua di un acquedotto, piuttosto che migliaia di pozzi privati con costi a carico delle singole famiglie. Inoltre, da qualche anno si comincia a pagare la tassa sull’acqua che ancora oggi paghiamo, per la citata presenza del depuratore e per il cambiamento della normativa sulle tasse comunali.

Così nel 1995 il sindaco Andreoli incarica un ingegnere civile per una verifica a campione dello stato di conservazione ed efficienza dell’acquedotto. Il risultato è l’allagamento di varie zone del paese, ma anche la riparazione dei tratti danneggiati. Era evidente che occorrevano altri quattrini per renderlo funzionale e sicuro. Così l’amministrazione comincia a cercare i fondi necessari (stimati da quell’ingegnere in circa 5 miliardi di lire all’inizio del 1996), decisa a mettere in funzione l’opera. Il Comune, in quegli anni, era già sovraccarico di mutui (ampliamento depuratore, nuove fognature e molte altre opere pubbliche progettate e/o in fase di costruzione non consentivano ulteriori aggravi di bilancio) e così si punta sui finanziamenti regionali a fondo perduto che già altri Comuni avevano ottenuto in passato in aggiunta ai mutui che furono convinti a pagarsi col proprio bilancio.

Una prima tranche di 500 milioni di lire viene erogata dalla Regione Veneto a Nogara e Gazzo Veronese nel 1998 e girata al C.I.S.I. (Consorzio Intercomunale Servizi Integrati), gestore pubblico intercomunale del ciclo dell’acqua, che li usa per intervenire sugli snodi principali e sulle valvole che l’indagine del ’95 aveva rilevato come compromesse. Una seconda tranche 1,5 milioni di euro il Comune la ottiene, sempre dalla Regione, nel 2004. Anche questa viene girata al C.I.S.I. che dichiara di averli utilizzati per il risanamento delle torri di sollevamento di Nogara e Gazzo Veronese (i fondi sono, come i precedenti 500 milioni di lire, per Nogara e Gazzo Veronese).

Nel frattempo (2003) entra in funzione l’ATO (Ambito Territoriale Ottimale), espressione di quasi tutti i Comuni della Provincia, che ha il compito di programmare e decidere la priorità degli interventi inerenti al ciclo dell’acqua (fognature, depurazione, acquedotti) e di indicare al gestore di tale funzione (ora Acque Veronesi) quali opere eseguire con i soldi raccolti dalla tassa sull’acqua che paghiamo proprio ad Acque Veronesi.

Ancora senza acquedotto

Oggi, come nei precedenti 12-13 anni, è compito del Comune di Nogara (e anche Gazzo Veronese) farsi sentire presso il Consiglio di Bacino e Acque Veronesi per evidenziare la necessità di mettere in funzione l’acquedotto perché, in questi tempi in particolare, la qualità dell’acqua è peggiorata e rende questo servizio sempre più indispensabile per ragioni di tutela della salute pubblica (vedasi questione arsenico e PFAS, anche se questi ultimi finora non toccano questa parte della Provincia di Verona).

Abbiamo letto, sui giornali e sui social, che l’attuale Amministrazione Comunale di Nogara si accredita il merito di riavviare il discorso dell’acquedotto affermando che entro fine anno mezzo paese ne sarà servito: hanno semplicemente letto il Programma degli Interventi 2016-2019 di Acque Veronesi, concordato con il Consiglio di Bacino provinciale, approvato nell’aprile 2016, ove si scrive che verranno serviti circa 2000 abitanti del centro e che la spesa per l’opera sarà coperta da Project Financing (?). Le stesse cose si possono leggere anche nei Piani degli Interventi dei trienni precedenti…comunque, speriamo.